Diario del lettore

Che cosa significa leggere? Cosa ci spinge ai libri? Cosa proviamo quando leggiamo?  Non ci sono risposte giuste o sbagliate a queste domande, perché ognuno vive un rapporto diverso e unico con la lettura. In questa rubrica proveremo a raccontare le varie sfaccettature che caratterizzano l’esperienza di lettura  cercando di definire e mappare il tipo di sensazioni che suscita un buon libro.

di Antonio De Simone

Lettore #5

Per me leggere significa farsi trasportare in luoghi insoliti, o in epoche inesplorate. Significa farsi guidare dal narratore in mondi le cui dinamiche ci incuriosiscono, o meglio ancora immedesimarmi nei personaggi della storia e sperimentare con loro le loro esperienze. Perché leggere? Sono molte le ragioni che possono spingere me e i lettori in generale a leggere: di solito si cercano storie che siano in sintonia con noi; delle storie che ci facciano compagnia nei tempi morti o che arricchiscano la nostra vita. Questo significa che i libri, specialmente quelli della narrativa in prosa, oggi dominante, devono coprire una variegata gamma di gusti e di tropi letterari, per assecondare i bisogni dei lettori. Ci sono lettori che adoreranno storie di fantascienza che parlino di viaggi nel tempo, e vorranno vedere le meravigliose ma plausibili tecnologie del futuro. Altri cercheranno storie romance, di amori che sembrano impossibili per temperamento dei personaggi o per l’opposizione di qualcuno, ma che hanno un lieto fine. Altri lettori desiderano storie di fantasy classico, piene di draghi, o di orchi, storie piene di elementi magici senza per questo essere stereotipate. A spingerci a leggere è il tipo di storia che desidereremmo esperire. Anche se in Italia i dati di lettura non sono molto confortanti, è però vero che in potenza chiunque può diventare un fervente lettore: deve solo trovare le storie che maggiormente lo entusiasmano, i generi e i sottogeneri che più lo aggradano. Il rapporto degli autori coi lettori andrebbe pensato per generi letterari, e i generi letterari altro non sono che l’orizzonte di aspettativa del lettore. Se il lettore vuole leggere la storia di una famiglia storicamente esistita che fa fortuna cercherà una storia ben diversa da chi vuole leggere la storia di un equipaggio intrappolato tra i ghiacci e massacrato uno per volta da un mostro. E nessuna delle due storie è di per sé migliore dell’altra: entrambe possono essere scritte molto bene o molto male, e semplicemente si rivolgono a lettori dai gusti diversi. Quanto più l’autore sa chi sono le persone per cui scrive, tanto più l’esperienza di lettura migliora: se i suoi lettori sono prevalentemente uomini potrebbero cercare in un romanzo storico esperienze di guerra o di battaglie, se sono prevalentemente donne potrebbero cercare in un romanzo storico esperienze di amori realmente avvenuti o storicamente credibili. Se sono ragazzi delle scuole medie potrebbero cercare storie di avventura, se sono adulti potrebbero desiderare maggiormente delle biografie di grandi e piccoli personaggi del passato. Il lettore di horror vuole provare paura, il lettore del romance vuole far parte di storie d’amore, e il lettore di giallo cerca assassini spietati ma verosimili e detective molto acuti. Il mio discorso compie una generalizzazione, ma la maggior parte dei lettori sono raggruppabili; e a ciascun gruppo di lettori piace leggere storie che sanno cosa vogliono dire e che intendono rivolgersi proprio a quello specifico gruppo. Nelle storie che tanto amiamo leggere, nei personaggi con cui stabiliamo un legame di simpatia prima e, magari, un legame di empatia poi, pesano anche altri elementi: la copertina, il titolo, la quarta di copertina e tutti gli altri ingredienti del testo devono essere ottimizzati per il lettore che vogliono attirare. E anche per le storie che non mirano a stabilire un legame di empatia col lettore, come per esempio le storie comiche, o quelle scritte per bambini, è comunque possibile ottimizzare il testo. Ottimizzarlo per cosa? Per l’esperienza di lettura del lettore tipo. È anche un discorso di fiducia, perché spesso leggiamo libri di autori che non conosciamo; le loro opere diventeranno nostre compagne di vita quanto più la prima di esse avrà saputo parlare a noi, in apparenza a noi soltanto.

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