La sopraffazione nella filosofia di Heidegger e dei sofisti

di Luca D’Angelo

La sopraffazione è un fenomeno sociale che ha accompagnato la storia umana fin dalle sue origini: l’atto di dominare, opprimere o sfruttare un altro individuo o gruppo è una realtà complessa che si manifesta in molteplici forme, come il potere politico o la manipolazione  sociale, fino alle dinamiche interpersonali. Per comprendere in profondità questo fenomeno, è utile confrontare due prospettive filosofiche apparentemente distanti ma sorprendentemente complementari: quella di Martin Heidegger, filosofo tedesco del XX secolo, e quella dei sofisti, pensatori itineranti dell’antica Grecia.

Martin Heidegger, figura cardine della filosofia esistenzialista e fenomenologica, non si occupa direttamente di sopraffazione in senso politico o sociale, ma il suo pensiero offre una chiave di lettura molto profonda e originale. Il problema centrale della filosofia heideggeriana è l’essere: il modo in cui l’uomo si manifesta e si comprende.  L’uomo, o “esserci” (Dasein), è colui che ha la capacità di interrogarsi sul proprio essere e sul senso del mondo in cui vive.

Secondo il filosofo tedesco,  l’esserci è “gettato” in un mondo già strutturato, con una storia, una cultura, un linguaggio e delle relazioni che lo precedono. In questo contesto, l’esserci si trova a dover prendere posizione, a “prendersi cura” del proprio essere e del mondo circostante. Tuttavia, questa presa di posizione non è mai neutra o innocente: è sempre un modo di svelare e nascondere la verità, di appropriarsi di uno spazio nel mondo.

Attraverso il concetto di Heidegger di gettatezza (Geworfenheit), inquadriamo la sopraffazione nella sua filosofia, che  in questo quadro, può essere vista come una forma di dominio che nasce dall’“oblio dell’essere”. Heidegger denuncia come la modernità, con la sua scienza e tecnologia, abbia ridotto l’essere ad un mero ente, un oggetto manipolabile e sfruttabile. Questo “oblio” spinge l’uomo a dimenticare la domanda fondamentale sull’essere e si limita a dominare il mondo e gli altri esseri come strumenti utili ai propri scopi. La sopraffazione diventa così una manifestazione concreta di questa dimenticanza ontologica: l’altro non è più un “esserci” autentico, ma un oggetto da sopraffare, controllare o sfruttare.

Inoltre, Heidegger parla di “tecnica” (Technik) come modo dominante di rapportarsi al mondo nella modernità. La tecnica non è solo un insieme di strumenti, ma un modo di pensare e agire che riduce tutto a risorsa disponibile. Questo atteggiamento tecnico è alla base di molte forme di sopraffazione: la natura viene sfruttata, l’uomo diventa un ingranaggio della macchina sociale e le relazioni umane si trasformano in rapporti di potere e dominio. La sopraffazione, quindi, si radica in una visione del mondo che nega la profondità dell’essere e riduce tutto a oggetto.

Se Heidegger ci offre una prospettiva ontologica e profonda sulla sopraffazione, i sofisti dell’antica Grecia ci mostrano il lato più politico e retorico di questo fenomeno. I sofisti erano filosofi itineranti che insegnavano la retorica e la capacità di argomentare efficacemente in pubblico,consapevoli che il potere si esercita anche attraverso il discorso, la persuasione e la costruzione di narrazioni.

Uno dei concetti chiave della filosofia sofistaè il relativismo: Protagora, uno dei più noti , affermava che “l’uomo è misura di tutte le cose”, sostenendo che non esistesse una verità assoluta, ma che ognuna dipende dal punto di vista dell’individuo o della comunità. Questo relativismo ha implicazioni profonde sulla giustizia e sul potere:se non esiste una verità o una morale universale, allora ciò che conta è chi sa meglio argomentare e persuadere, chi riesce a imporre la propria visione del mondo come dominante.

La sopraffazione, secondo i sofisti, si manifesta quindi come un gioco di potere basato sulla parola e sull’inganno. Il potere politico e sociale non si fonda tanto sulla forza materiale, quanto sulla capacità di costruire discorsi convincenti, di manipolare le opinioni e di legittimare l’ingiustizia attraverso la retorica. Le leggi e le norme diventano, così,  strumenti flessibili, adattabili alle esigenze dei potenti, trasformando la giustizia in un concetto relativo e strumentale. 

In questo senso, la sopraffazione è inscindibile dalla dimensione linguistica e culturale: è un atto di dominio che si esercita attraverso la costruzione di significati e la gestione della verità. I sofisti, pur criticati dai filosofi successivi come Platone, ci mostrano il potere e la sopraffazione siano radicati nella capacità umana di comunicare e di persuadere.

Mettere a confronto Heidegger e i sofisti permette di cogliere la complessità della sopraffazione da due angolazioni diverse ma complementari. Da un lato, Heidegger ci invita a riflettere sulle radici ontologiche del dominio, sulla dimenticanza dell’essere che trasforma l’uomo e il mondo in oggetti da sfruttare. Dall’altro, i sofisti ci mostrano come la sopraffazione si realizzi concretamente nella sfera politica e sociale, attraverso la parola, la retorica e la costruzione di verità relative.

Questa doppia prospettiva ci aiuta a comprendere che la sopraffazione non è solo un problema esterno, legato a strutture di potere o a sistemi politici, ma anche un problema interno all’essere umano e al suo modo di rapportarsi al mondo e agli altri. La sopraffazione nasce dall’oblio del senso autentico dell’essere e si alimenta della capacità umana di manipolare la verità e di costruire narrazioni di potere.

Oggi, in un mondo dominato dalla tecnologia, dai media e dalla comunicazione di massa, le riflessioni di Heidegger e dei sofisti sono più attuali che mai:la tecnica continua a ridurre la realtà a risorsa, mentre la retorica e la manipolazione delle informazioni sono strumenti potenti per esercitare sopraffazione politica, economica e culturale.

La consapevolezza di queste dinamiche è fondamentale per contrastare la sopraffazione. Da un lato, è necessario recuperare un rapporto autentico con l’essere e con il mondo, superando la visione strumentale e tecnica che ci rende tutti potenziali oppressori o oppressi. Dall’altro, è importante sviluppare una cultura critica e una capacità di discernimento che ci permettano di riconoscere e resistere alla manipolazione retorica e alla costruzione di verità strumentali.

La sopraffazione è un fenomeno complesso che coinvolge la dimensione ontologica, linguistica, politica e sociale dell’esistenza umana. Heidegger e i sofisti, pur partendo da orizzonti filosofici diversi, offrono strumenti preziosi per comprenderla in tutta la sua pericolosità. Heidegger ci invita a riflettere sul modo in cui l’oblio dell’essere e la tecnica alimentano il dominio e la riduzione dell’uomo a oggetto, mentre i sofisti ci mostrano come il potere si eserciti attraverso la parola, il relativismo e la costruzione di narrazioni ingannevoli.

Solo attraverso una consapevolezza critica e un impegno autentico possiamo superare le logiche della sopraffazione, cercando di  costruire relazioni umane fondate sul rispetto, la verità e la giustizia.

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