Racconto dell’umano e dettato della macchina: i mondi possibili del romanzo (e un canone)

Avvertenza iniziale: questo è un articolo lungo, astenersi se non lettori ferrei. Propongo un’ipotesi di scrittura in cui una parte del discorso è interamente svolta dall’AI.  Ad un certo punto questo articolo si ibrida con i miei gusti e le mie considerazioni. Al lettore ferreo il compito di sceverare e scegliere tra “racconto dell’umano” e “dettato della macchina”.

di Gaetano Fimiani

Il Grande Romanzo Americano è un’espressione usata per descrivere un romanzo che rappresenta in modo complesso e dettagliato la società americana. Questo genere di romanzi spesso affronta temi importanti come la storia, la politica, la cultura e le sfide sociali degli Stati Uniti.

Ci sono molti romanzi che vengono considerati come esempi del Grande Romanzo Americano. Alcuni di questi includono:

The Great Gatsby di F. Scott Fitzgerald. Questo romanzo del 1925 racconta la storia di Jay Gatsby, un uomo misterioso e ricco che organizza feste sfarzose nella speranza di riconquistare l’amore della sua vita. Il romanzo esplora temi come il sogno americano, la ricchezza, il decadimento morale e la corruzione.

Moby Dick di Herman Melville. Pubblicato nel 1851, questo romanzo epico narra la storia del capitano Achab e la sua ossessione per la caccia a una balena bianca chiamata Moby Dick. È un’indagine profonda e problematica sulla natura umana e sui suoi limiti.

Adventures of Huckleberry Finn di Mark Twain. Questo romanzo del 1884 è considerato un classico della letteratura americana. Racconta le avventure di Huckleberry Finn, un ragazzo bianco del Sud degli Stati Uniti, e del suo amico Jim, un ex schiavo in fuga.  La razza, la libertà e l’ipocrisia della società costituiscono i punti fondamentali della trama. 

The catcher in the rye di J.D. Salinger. Pubblicato nel 1951, questo romanzo segue la storia di Holden Caulfield, un adolescente ribelle che cerca di trovare un senso nella vita. Il libro è considerato un romanzo di formazione e viene spesso letto dagli adolescenti per i suoi temi universali

To Kill a Mockingbird di Harper Lee. Questo romanzo del 1960 racconta la storia di Scout Finch, una giovane ragazza che osserva la discriminazione razziale e la violenza nel profondo Sud degli Stati Uniti negli anni ’30. 

Questi sono solo alcuni esempi, e ci sono molte altre opere letterarie che sono state considerate importanti nel contesto del Grande Romanzo Americano. La scelta del romanzo migliore dipende spesso dai gusti personali e dalle prospettive culturali di ciascun lettore, e l’argomento è oggetto di dibattito tra critici letterari e studiosi. Il Grande Romanzo Americano ha attraversato come un torrente carsico tutto il corso del secolo breve e di questo primo ventennio del terzo millennio. Solo la letteratura americana oggi vive del paradosso che, nel mettere alla prova i concetti e le idee convenzionali di ironia, gender, razza e nazionalità, li si decostruisce dall’interno e nello stesso tempo li si afferma come insostituibili. Non è un caso che sia proprio il romanzo, con la sua capacità unica di inglobare la polifonia discorsiva, il terreno in cui si inserisce la tensione tra realtà umana e dimensione globale che è la cifra connotativa dei nostri tempi. E quindi,  rigorosamente in lingua originale , i titoli di opere eterogenee fra di loro che spaziano dai conflitti etnici e di genere alle relazioni familiari, dagli spazi dell’America selvaggia al tema della violenza, o talvolta cercano di ricomprenderli tutti o quasi: Rabbit, Run di John  Updike (1963) Infinite Jest (1996) di David Foster Wallace, Mason & Dixon (1997) di Thomas Pynchon, Underworld (1997) di Don DeLillo, The Amazing Adventures of Kavalier & Clay (2000) di Michel Chabon, The Corrections (2001) di Jonathan Franzen, Middlesex (2002) di Jeffrey Eugenides,  a cui si devono aggiungere almeno la Border’s Trilogy di Cormac McCarthy (All the Pretty Horses, The Crossing e Cities of the Plain, pubblicati rispettivamente nel 1992, 1994 e 1998), la Beloved Trilogy di Toni Morrison (Beloved, Jazz e Paradise: 1987, 1992 e 1997) e l’American Trilogy di Philip Roth, composta da American Pastoral (1997), I Married a Communist (1998) e The Human Stain (2000). La   scelta è ricaduta non a caso su opere che tendono a collocarsi sulla linea del tempo degli ultimi decenni e che quindi, dimostrano la potente fecondità e attualità del genere.

Fin qui la mia singolar tenzone con l’intelligenza artificiale. Riconosco al mio erudito avversario il merito di aver aperto una pista che i lettori potrebbero considerare come un’introduzione storica ai romanzi suggeriti da me (avrei aggiunto, a quell’elenco, almeno The Adventures of Augie March di Saul Bellow, 1953): e non biasimerei i lettori che si fermassero ai grandi classici. 

A voi il giudizio: il mio intento era solamente quello di dimostrare come la crisi della lettura e della scrittura, se essa sarà affidata sempre di più all’AI, finirà per coincidere con una progressiva perdita del senso dell’esperienza, mettendo a repentaglio la possibilità dell’empatia e del rapporto con l’altro. Creatività, flessibilità, innovazione, parole chiave della contemporaneità, considerate competenze imprescindibili dei nostri anni, valgono anche per chi si batte, come Fedora, per una società libera e democratica. Noi però sosteniamo, contrariamente al mainstream, che esse possano venire veicolate soltanto in forza di una immaginazione narrativa in grado di farci essere lettori intelligenti delle storie altrui e di comprenderne le emozioni, le aspettative ed i desideri.

Leggete e coltivate l’umano, amici. È il migliore augurio che mi sento di farvi per il prossimo anno. 

P.S. Ormai io non sono in grado di leggere altro, e di conseguenza questo editoriale si trasforma nel mio ideale diario del lettore…

In questo terzo numero trovate:

Tra montagna e pianura: riflessioni, di Francesco Maria Bevilacqua

Recensione: La malnata di Beatrice Salvioni, di Antonia De Martino

Diario del lettore, di Marco De Simone

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